
Nel panorama del cinema italiano contemporaneo, questo film si affaccia timido, non seguendo i canoni narrativi classici ma, mi pare, provando a sperimentare qualcosa di un meccanismo estremamente collaudato quale può essere quello di un film su dei carcerati. Non c’è fuga, non c’è violenza, non c’è odio tra guardie e carcerati. C’è soltanto un luogo chiuso, asfissiante, da cui tutti non vedono l’ora di uscire, e ci sono i rapporti umani che si vengono a costruire all’interno di questo ambiente ostile. L’umanità, la gentilezza, l’amicizia: forse nelle carceri si potrebbe ripartire da qui.